A Franco Irawan
Esposito-Soekardi editore,
mio grandissimo amico.
Breve conversazione con Théophile Gautier (21
giugno 2015)
Roma, lunedì 22 giugno 2015
Ho scoperto, con mia grande
sorpresa, di avere molti amici: almeno a me così sembra che sia.
Flaubert, Gautier, Balzac; il
grande Assiano, Amedeus, Stéphane, Marcel, Fernando! Tutti miei grandissimi
amici, nati nel Settecento o nell’Ottocento, con cui parlo e rido di cuore.
L’altra sera, sabato, verso
Mezzanotte, ho parlato con Théo.
Tra le altre cose, gli ho anche
chiesto di d’Albert: volevo capire come e perché si arriva al grado di
concupiscenza a cui io son giunto.
Ha riso di me, e affettuosamente
e lentamente m’ha risposto: «sensus carnis vs. carnalis concupiscentiae».
Al ché gli dico, e gli domando
subito: «Perché credi che la donna a cui io aspiravo era per carnalis concupiscentiae»?
«Ma va là.. non sai di cosa
parli».
Rimango interdetto. Non so più
cosa dire.
Al che lui mi fa: «Che cosa
volevi di quella donna: l’anima? Che stupido che sei; Dedalus? è lui forse che
t’ha insegnato questo?».
«Ma conosco anche Balzac!»,
rispondo rapido e leggermente alterato.
«Honoré? Non è poi così
intelligente come molti ancora dicono. Inoltre, gli è rimasta addosso quella
pinguedine che ancora lo rende ridicolo. Lo hai mai visto quando si atteggia a
bohémien, con quel bastoncino tutto storto e quel cilindro in testa che sembra
più un bidone da pattume che un cappello? E poi emana un odore repellente; e
ciò spiega perché non abbia mai avuto alcuna relazione con donne giovani: solo
donne, diciamo così, ‘mature’, che poi in fondo son quelle che lo avvicinavano
solo per la fama che andava acquisendo: vedi il caso della contessa Évelyne, la Hańska, femmina polacca
veramente brutta e anche un poco insolente e vanitosa; un po’ come la Marquise de Listomére da
lui descritta.
«In ogni caso, anche se oggi
nessuno vorrà riconoscerlo, era un ipocrita degno rappresentante della più
bieca borghesia parigina, perché dopo il clamoroso successo che ebbi con la Maupin faceva di tutto per
oscurarmi o mettermi in ombra; e senza che io me ne preoccupassi minimamente!
E questo è quanto mi dissero poi alcuni
miei amici durante quei martedì a casa di Stéphane, che lui, Honoré, al
contrario di me, da morto non volle mai frequentare.
Il mio caro Gerard[1] mi
disse, infatti, che lo vedeva spesso alla redazione del “Chronique”, da lui da
poco acquistato, mentre, con tono agitato, parlava a Jules e a Victor[2] di
me. Voleva a tutti i costi ch’essi non pubblicassero alcun articolo su quanto in
quel periodo avevo scritto[3].
Difatti, già prima, m’aveva
costretto ad abbandonare il “Chronique” per “La Presse” per non avermi in
redazione, nonostante avessi fatto di tutto per procurargli fama con i miei
mirabolanti portraits su di lui.
Ma io non me ne preoccupavo:
sapevo, infatti, ch’era sempre a caccia di soldi, che poi si faceva fregare
come un demente, e se c’era qualcuno che potesse oscurarlo a livello editoriale
quello, per lui, ero solo io; e questo mi bastava, perché la cosa mi faceva
ridere.
Povero idiota!
Charles[4]
stesso aveva una cattivissima opinione di lui. Prima di morire mi confessò,
infatti, di aver strappato con disgusto l’Eugénie, perché più che un
romanzo storico, e come tale all’epoca di sicuro impatto editoriale, gli
sembrava la cronaca di come lui non fosse riuscito a far soldi.
Chiacchiere a parte, per la tua
concupiscenza, t’auguro di superarla: succede a tutti. Parlane, piuttosto, con
Stéphane: ne sa più di me. Al prossimo sabato».
[1] De
Nerval, suo amico di collegio.
[2] Sandeau
(Le « petit Jules », all’epoca disperato per la bellissima George Sand, che
finì per essere ammesso à l'Académie française quando le « titan Honoré » non
lo fu mai) e Hugo.
[3] ‘La
morta innamorata’, già pubblicata sul “Chronique”. «Infatti, che la mia Maupin
facesse arricchire Renduel e rendeva ‘famoso’ me, lo faceva impazzire d’invidia»,
così aggiunse Théo.
[4] Baudelaire.
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